Espiazione - un racconto di Laura Taylor


Sono qui per deporre - certo, per la legge quest'uomo è mio supplice, protetto dal mio santo fuoco: io gli ho deterso la chiazza di sangue - e per stare al suo fianco, in questo giudizio."
Eschilo, Le Eumenidi

Avrebbe dovuto saperlo che Kira sarebbe venuta a cercarlo: I Bajoriani potevano essere così ostinati, a volte, e lei era uno splendido esempio di quella determinazione così perversamente ostinata. Non c'erano dubbi che lei volesse continuare ad affondare la lama sempre più a fondo nel suo cuore. Non c'erano dubbi che volesse godere della sua perdita e dirgli quanto lui e ogni Cardassiano che avesse mai tratto un respiro meditassero di soffrire come il suo popolo aveva sofferto a causa loro.

La odiava. Lei e ogni membro della sua stramaledetta razza, odiava talmente ciascuno di loro da poterne sentire l'amaro sapore in bocca. Non avrebbe avuto pace finchè lei non fosse stata fuori dallo spazio cardassiano, via dal suo cospetto e fosse tornata su quella miserabile stazione spaziale cui apparteneva. Nel frattempo però, se voleva avere qualche possibilità di spazzare via il Dominio dalla faccia della Galassia, avrebbe dovuto sopportarne l'ipocrisia in penoso silenzio.


* * *


Lo trovò seduto sul pavimento fuori della sala motori, intento a fissare la parete di fronte. Non aveva bisogno di chiedere per sapere cosa gli stesse passando per la testa. Capiva come si sentiva e una piccola parte di lei condivideva il suo dolore. Se mai avevano qualcosa in comune era la morte. "Damar?" gli chiese, avvicinandoglisi con incertezza.

Lui appoggiò la testa al muro dietro di sè e chiuse gli occhi. "Cosa vuole, Comandante?" sospirò.

Kira si appoggiò alla parete di fronte a lui e si lasciò scivolare giù, fino a sedere sul pavimento. "Io..." s'interruppe per raccogliere le idee, visto che la lingua l'aveva tradita, "... mi dispiace per quello che ho detto prima. Ho mancato di sensibilità."

Lo scoppio di risa la fece sussultare. "No, non è vero. Ha detto esattamente quello che pensava."

Mordendosi le labbra per evitare di commettere lo stesso errore di prima, Kira disse, "Il fatto che lo pensassi non significa che avessi il diritto di dirlo."

Damar aprì un occhio e sbirciò in direzione di lei. "Allora non è veramente dispiaciuta per quanto è successo."

"Questo non è vero," insistette lei, scuotendo la testa. Sollevò le ginocchia e vi posò le mani. "Mi dispiace per quello che è accaduto alla sua famiglia..." si interruppe quando sentì il suo brusco sospiro, poi riprese "... e mi dispiace per quello che ho detto. Per il resto... non devo scusarmi."

Gli occhi di lui si chiusero bruscamente, ma non abbastanza in fretta da impedire a quell'unica lacrima di sfuggire per andare a raccogliersi nell'incavo del solco oculare. "No, non credo che debba farlo. Perchè dovrebbe essere *lei* a scusarsi per tutte le sofferenze che ha sopportato durante l'Occupazione?"

Lei avvertiva chiaramente l'amarezza di lui, ma provava scarsa solidarietà per questa. Voleva confortarlo e insegnargli a ritrovare la speranza in mezzo alle nebbie di così tanta disperazione, con l'amarezza lui avrebbe dovuto imparare a convivere. Se aveva potuto farlo lei, poteva anche lui. "Cosa vuole che le dica? Che il senso di vuoto alla fine se ne andrà? Che verrà il giorno in cui potrà guardare la gente che le ha fatto questo e sentirsi grato?" Si protese in avanti e gli appoggiò una mano sul ginocchio, distraendo la sua attenzione dal proprio dolore in modo che potesse concentrare la sua rabbiosa impotenza su di lei. "Non posso dirle che accadrà, Damar, perchè a me non è mai successo. Io ho perduto mio padre, mia madre, i miei fratelli e un'infinità di amici perchè la sua gente ha tentato di trasformare la mia patria in un deserto e la mia gente in schiavi. Non perdonerò mai Cardassia per quello che ho perduto."

"Eppure lei è qui," borbottò lui, scuotendo la testa come per snebbiarla. "Eppure è venuta in nostro aiuto nel momento del bisogno. Ed è qui che cerca di confortarmi."

"Posso essere compassionevole, senza perdonare."

Damar scostò la gamba. "Non c'è bisogno di fraintendere, Comandante. So che è qui perchè l'ha mandata il Capitano Sisko."

"Lui mi ha mandato, è vero, ma io sono quella che ha deciso di restare." Attraversò il corridoio per andare a sedersi accanto a lui.

Voltando la testa per studiarla, Damar chiese, "Quanto tempo rimarrà?"

"Finchè ci sarà bisogno di me. Per tutto il tempo necessario a liberarci del Dominio."

"E poi?"

"E poi attraverserò quel ponte quando ci sarò arrivata."

Lui scosse la testa di nuovo, poi si tirò su e fece per allontanarsi. "Non ha importanza. Saremo comunque tutti morti."

Lei cercò di indurlo a fermarsi e si rallegrò del momentaneo successo. Per la prima volta nella sua vita, sentiva di avere potere: il potere di costringere un Cardassiano ad ascoltare un Bajoriano. "Forse. Forse no. Io, per esempio, intendo tornare su Bajor viva."

Le spalle di lui si incurvarono. "Allora, ha intenzione di abbandonarmi" disse.

Kira quasi non udì quelle parole, tanto erano state pronunciate sottovoce, senza enfasi, così diversamente da come il duce di Damar ero solito fare. Per un momento, pensò di aver sentito male o che il basso mormorio dei motori a curvatura del runabout avesse generato l'illusione, ma poi lo guardò in viso e capì che aveva sentito giusto, lui lo aveva detto. Lui voleva che lei restasse. Non per Cardassia, non per la salvezza del Quadrante Alfa, ma per sè stesso. Aveva bisogno di lei.

Cosa poteva pensare? Passò in rassegna le possibilità, trovandole tutte ridicole. Doveva avere frainteso, allora: lui certo intendeva dire che aveva bisogno di lei perchè lo aiutasse a ricostruire, una volta che avessero sconfitto il Dominio una volta per tutte. Quella.... quella era una possibilità da tenere in considerazione. Poteva farlo, per lui. Per sè.

Si protese e gli posò una mano sulla spalla, costringendolo a girarsi e a guardarla. Una volta che fu sicura di avere la sua attenzione, promise. "Resterò."


* * *


Damar non poteva fare a meno di guardare Kira che accarezzava il volto di Odo, con un'espressione sul viso che esprimeva in egual misura amore e paura. Se solo avesse saputo quanto era fortunata, pensò, a poter essere accanto a Odo mentre lui muore. Non era così crudele da augurare a nessuno la lenta e dolorosa degenerazione di Odo, ma si sentiva in colpa per aver sperato che sua moglie e suo figlio fossero morti rapidamente e senza soffrire. Conoscendo Weyoun, comunque, dubitava che essi fossero persino stati fortunati quanto Odo. Damar tentò di non pensare ai mezzi che Weyoun doveva aver impiegato per estorcere da loro i dettagli dei suoi spostamenti, ma non riusciva a distogliere gli occhi da Kira e Odo.

Si girò, apparentemente per lasciar loro un pò di privacy, sebbene la vista appannata rendesse difficile la lettura dello schermo che gli stava di fronte. Sbattè gli occhi, ma questo servì solo a far affiorare nuove lacrime. Che idiota sentimentale stava diventando! Questo non era il momento per i sentimentalismi; avevano una guerra da vincere, e il comandante gli aveva dato la sua parola che sarebbe rimasta fino alla fine. La vittoria, quando fosse arrivata, sarebbe stata dolce-amara, ma con lei (si girò, giusto in tempo per vedere Kira sfiorare con le labbra la guancia in disfacimento di Odo) al suo fianco, l'avrebbe bevuta fino all'ultima goccia. Un Cardassiano e una Bajoriana alleati fino alla morte.



Fonte: Expiation, di Laura Taylor. Traduzione di Anna Perotti.